Sergio Vecia




Fotografo ciò che non si vede.
Ho la certezza che la realtà non si esaurisca in ciò che vediamo, ma venga continuamente generata da ciò che immaginiamo.
Elimino la post-produzione per lasciare che luce, tempo e spazio rivelino una realtà sospesa, fatta di tracce, vuoti e visioni.
Nelle mie fotografie il tempo è dilatato, elastico, è un contenitore di molteplici azioni ed eventi simultanei.
La luce è il primo attore sulla scena, il tempo è il suo palcoscenico, e la fotografia rende reale questo immaginario in un presente irripetibile.
Il mio lavoro è concettuale, dove l’idea precede la forma. Eliminando la post-produzione e affidandosi alla tecnica fotografica, la mia pratica, ha una componente fenomenologica forte, la fotocamera come strumento di rivelazione diventa un portale per una dimensione invisibile, esplorando, il tempo, lo spazio, la luce. La ricerca si struttura all’interno del surrealismo astratto e del visionarismo contemporaneo.
I miei riferimenti artistici per l’arte concettuale si avvicinano a James Welling ed alle esperienze luminose di Thomas Ruff. Rispetto a questi fotografi, la mia ricerca visiva si basa essenzialmente sulla fotografia pura , come in un reportage dello spazio e del tempo, lasciando emergere solo tracce, indizi, atmosfere sospese.
Le mie immagini sono nebbie da attraversare, più che paesaggi da osservare.
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